10 luglio 1943 Truppe angloamericane sbarcano in Sicilia.
19 luglio 1943 Alle ore 11,03, da 6000 mt. di altezza sulla verticale dello scalo merci San Lorenzo inizia un forte bombardamento americano. Le bombe cadono sui quartieri Tiburtino, Prenestino, Casilino, Labicano, Tuscolano, Nomentano ed Esquilino, causando più di 1.500 morti, per la maggior parte civili. È il primo bombardamento sulla Città eterna.
24 – 25 luglio 1943 Si riunisce il Gran Consiglio del fascismo, Mussolini è accusato di aver condotto il paese in una guerra disastrosa, è invitato a lasciare l’esecutivo.
La seduta del Gran consiglio del Fascismo
25 luglio 1943 Nel pomeriggio Vitttorio Emanuele III comunica a Mussolini la nomina a capo del governo a capo del governo del maresciallo Pietro Badoglio; subito dopo il duce viene arrestato.
In tutto il paese esplodono manifestazioni spontanee per festeggiare la caduta del fascismo. Badoglio con un comunicato radiofonico, informa che la guerra continua. Il nuovo governo cerca l’appoggio degli Alleati, mantenendo formalmente l’alleanza con la Germania.
L'arresto di Mussolini sulla Domenica del Corriere
Agosto 1943 Hitler mobilita lo Stato maggiore tedesco per inviare nuove truppe in Italia e occupare la penisola.
8 settembre 1943 Viene annunciato l’armistizio tra il governo italiano e le forze angloamericane firmato a Cassibile, in Sicilia, cinque giorni prima. Vittorio Emanuele III e Badoglio scappano da Roma e si dirigono verso Brindisi. Alle forze armate italiane non vengono date indicazioni di comportamento, se non di cessare in ogni luogo le ostilità contro le forze angloamericane.
8 settembre – 10 settembre 1943 Si svolge a Roma la Battaglia di Porta San Paolo tra le truppe tedesche appoggiate dai fascisti e reparti del Regio esercito e cittadini in armi (o è meglio partigiani?). I nazifascisti hanno la meglio, inizia l’occupazione tedesca della Capitale. Oltre mille i morti italiani: seicentocinquantanove militari, centoventuno civili -di cui cinquantuno donne- e circa duecentocinquanta persone non identificate.
La Battaglia di Porta San Paolo
9 settembre 1943 A Roma i partiti antifascisti costituiscono il Cln, Comitato liberazione nazionale.
9 settembre 1943 Gli alleati sbarcano a Salerno.
12 settembre 1943 Mussolini viene liberato dai tedeschi a Campo Imperatore sul Gran Sasso e portato subito davanti a Hitler.
23 settembre 1943 Nasce un nuovo stato fascista totalmente subalterno alla Germania che due giorni dopo assumerà il nome di Repubblica sociale italiana, la sede del governo è Salò sul lago di Garda.
27 settembre 1943 A Napoli scoppia una violenta rivolta popolare antitedesca passata alla storia come le Quattro giornate di Napoli. Il primo ottobre le truppe tedesche abbandonano la città prima dell’arrivo degli Alleati.
13 ottobre 1943 Il governo italiano, presieduto dal maresciallo Pietro Badoglio dichiara guerra alla Germania.
16 ottobre 1943 Il ghetto ebraico di Roma viene rastrellato dai nazifascisti. Sono deportati in Germania milleventiquattro ebrei tra cui duecentosette bambini. Faranno ritorno a casa solo in sedici.
Oltre mille persone furono rastrellate nel Ghetto e in altre zone di Roma
22 gennaio 1944 Gli alleati sbarcano ad Anzio e Nettuno, all’epoca uniti in un solo comune chiamato Nettunia, nome in codice operazione Shingle. Lo sbarco del VI Corpo d’armata statunitense, guidato dal generale John Lucas, avviene con successo.
16 febbraio 1943 Sul fronte di Anzio parte la controffensiva tedesca della XIV armata del generale Mackensen contro la testa di sbarco angloamericana. L’azione costringe le truppe alleate quasi sulla linea del 29 gennaio dove si trovavano una settimana dopo lo sbarco.
19 febbraio 1944 A Pratolungo, vicino Velletri, i nazisti compiono una strage: dodici i civili uccisi.
23 febbraio 1944 Il comandante della zona di sbarco, il generale Lucas, è stato sostituito dal generale Truscott. Lo stesso presidente britannico, Wiston Churchill, aveva criticato Lucas per l’eccessiva prudenza dopo lo sbarco. Quella che doveva essere una trionfale passeggiata verso Roma si sta trasformando in una carneficina dagli esiti incerti. Da Roma giungono notizie di una intensa attività dei partigiani contro i nazifascisti, ma anche della feroce repressione con gli arresti, le torture e le fucilazioni di militari e civili.
24 febbraio 1944 Ad Ausonia, in provincia di Frosinone, in seguito a un rastrellamento tedesco vengono uccisi due uomini e una giovane madre fucilata davanti alla porta di casa dopo che le era stato strappato il proprio bambino dalle braccia.
23 marzo 1944 Inizia il piano Alleato detto Operation Strangle, Operazione Strangolamento, per ridurre l’afflusso di rifornimenti alle truppe tedesche al fronte e cercare di sfondare le resistenze all’avanzata degli Alleati verso Roma. Alle operazioni di disturbo dei convogli di rifornimento tedesco sono impegnati da mesi i partigiani romani, soprattutto sulle vie consolari Casilina, Tiburtina e Appia.
23 Marzo 1944 È il ventiquattresimo anniversario della fondazione dei Fasci italiani di combattimento, il movimento politico fondato a Milano da Benito Mussolini. Per la ricorrenza una dozzina di appartenenti ai Gap, Gruppi di Azione Patriottica, comandati a Roma da Giorgio Amendola, organizza il più sanguinoso e clamoroso attentato urbano contro gli occupanti tedechi in tutta l’Europa occidentale. Sei partigiani, Rosario Bentivegna (medaglie d’argento e di bronzo al valor militare), Carla Capponi (medaglia d’oro al valor militare), Raoul Falcioni, Silvio Serra, Francesco Curreli e Pasquale Balsamo assaltano in via Rasella il battaglione di polizia tedesca Bozen che ha prestato giuramento di fedeltà ad Hitler. I militari tedeschi marciano in assetto di guerra tornando da una esercitazione dal poligono di tiro e sono una aperta sfida alla decisione di fare di Roma una città aperta: per accordo tra i belligeranti le parti dovevano rinunciare alla difesa armata e ai combattimenti allo scopo di evitarne la distruzione.
Mappa dell'attentato realizzata da Emanuele Mastrangelo
Via Rasella subito dopo l'attacco partigiano
23 marzo ore 12:00 – I gappisti preparano le armi e si ritrovano a piazza Santi Apostoli.
23 marzo 13:50 Rosario Bentivegna, cui è affidato il compito di portare in posizione il carretto con l’esplosivo, arriva al numero 20 di via Rasella, predispone la miccia e aspetta l’arrivo dei tedeschi. Gli altri membri del Gap sono alle loro postazioni, preparano le armi e le bombe da mortaio modificate.
Rosario Bentivegna
23 marzo 1944 ore 15:45 Bentivegna accende la miccia e si allontana insieme a Carla Capponi. La bomba esplode a metà della colonna tedesca. Ventisei soldati tedeschi del polizeiregiment Bozen muoiono nell’esplosione. Contemporaneamente, i partigiani Falcioni, Curreli, Serra e Balsamo attaccano il fondo della colonna lanciando bombe a mano e fuggono. I tedeschi superstiti rispondono sparando all’impazzata intorno a loro. Oltre ai soldati tedeschi morirono sei civili.
I tedeschi rastrellano sul posto dieci passanti del tutto estranei all’attentato.
Passanti rastrellati dai nazifascisti in via Rasella
23 marzo 1944 ore 15:50 Non appena la notizia dell’esplosione si diffonde arrivano sul posto, in rapida successione, il questore di Roma Pietro Caruso, il generale tedesco a capo della piazza di Roma Kurt Maelzer (visibilmente ubriaco), il diplomatico e colonnello delle SS naziste Eugen Dollmann e, poco dopo, il console tedesco Eitel Friedrich Moellhausen accompagnato dal ministro dell’interno del governo fascista Guido Buffarini Guidi.
Il ministro dell’Interno della Repubblica Sociale Guido Buffardini Gudi (a destra)
23 marzo ore 16:00 Herbert Kappler, comandante a Roma della Gestapo, polizia segreta della Germania nazista, arriva in via Rasella e gli viene affidato il compito di indagare sull’esplosione
23 marzo ore 16:30 La notizia dell’attacco in via Rasella arriva all’Oberkommando der Wehrmacht, quartier generale del Reich, Adolf Hitler viene informato. La prima reazione del Führer è quella di ordinare una rappresaglia “che facesse tremare il mondo”: per punire la popolazione di Roma per ogni tedesco ucciso dovranno essere fucilati tra i trenta e i cinquanta italiani
Adolf Hitler
23 marzo ore 17:15 Il generale Maelzer, Kappler e Dollmann si incontrano per decidere cosa fare. Sentito il parere del generale Eberhard von Mackensen, a capo delle armate tedesche sul fronte di Anzio Anzio, il comando tedesco fissa per rappresaglia la proporzione di dieci a uno, dieci italiani uccisi per ogni tedesco morto. Alla fine della riunione, Kappler viene incaricato della redazione della lista degli italiani da fucilare e che l’ordine deve essere eseguito in ventiquattro ore. Inizialmente viene incaricato della fucilazione lo stesso battaglione che ha subito l’attacco, ma il comandante del polizeiregiment Bozen si rifiuta dicendo che i suoi uomini, per la maggior parte cattolici, non avrebbero eseguito l’ordine.
Herbert Kappler
23 marzo ore 21:00 – Kappler inizia a stilare la lista e inserisce i nomi dei prigionieri politici presenti nel carcere tedesco di via Tasso, poi chiama il capo del servizio di sicurezza tedesco a Verona, il generale Wilhelm Harster, quest’ultimo gli consiglia di aggiungere i nomi degli ebrei già arrestati dai nazifascisti a Roma per completare la lista
24 marzo 1944 ore 00:30 Kappler prosegue la redazione della lista. Dopo avervi annotato, di 16 attivisti antifascisti e sospettati di “oltraggio alle truppe tedesche”, include nell’elenco Aldo Finzi, ebreo, stretto collaboratore di Mussolini, che nel 1943 era entrato nella Resistenza, e il colonnello di stato maggiore Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo (Medaglia d’oro al valor militare alla memoria), capo del Fronte Militare Clandestino.
Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo
25 Marzo 1944 – ore 05:00 Presso il comando di via Tasso, Kappler, con l’aiuto del capitano delle SS Erich Priebke, aggiunge alla lista vari condannati per crimini minori e persone anche solo sospettate di avere rapporti con la Resistenza e gli uomini rastrellati in via Rasella: i nomi sulla lista ora sono duecentosessantanove.
Carcere di Regina Coeli
24 marzo 1944 ore 12:45 Kappler da via Tasso e con i suoi uomini organizza la macchina della morte: settantaquattro membri della Gestapo dovranno uccidere in meno di sette ore i prigionieri italiani inseriti nella lista. Vengono definiti i gruppi di fuoco, date istruzioni sull’angolo di tiro e sulla posizione in cui dovranno essere messi i condannati per massimizzare il risparmio di tempo e munizioni. Per compiere l’operazione serve una “ampia camera della morte naturale” isolata, il capitano Erich Kohler propone di utilizzare delle cave abbandonate poco fuori Roma, sulla via Ardeatina, nei pressi delle catacombe di San Callisto.
24 marzo 1944 ore 13:0 Mentre Kappler è nella sala mensa di via Tasso, dall’ospedale militare di San Giacomo arriva la notizia che un altro soldato tedesco ferito in via Rasella è morto: ora si devono trovare altri dieci italiani da fucilare.
26 marzo 1944 ore 15:30 A meno di ventiquattro ore dall’attentato di via Rasella, la strage ha inizio. Vengono uccisi i primi cinque uomini. Poco dopo entra il secondo gruppo di cinque e, a seguire altri cinque e poi altri cinque …
Corpi accatastati nelle Fosse Ardeatine
24 marzo 1944 ore 2000 Kappler e Priebke si accorgono che sono stati portati alle cave cinque prigionieri in più dei trecentotrenta previsti dalla rappresaglia. Kappler decide di ucciderli, per eliminare degli scomodi testimoni. Dopo l’esecuzione degli ultimi cinque uomini terminano gli spari. Trecentotrentacinque corpi di uomini assassinati sono raccolti in due mucchi al fondo alle gallerie. All’elenco delle vittime delle Fosse Ardeatine deve essere aggiunto quello di Fedele Rasa detta la cicoriara. La donna mentre era intenta a raccogliere delle erbe si era avvicinata troppo alle cave ed era stata ferita a morte da una sentinella tedesca: trasportata all’ospedale del Littorio (oggi San Camillo) per lei non c’è stato niente da fare. Prima di abbandonare le cave i genieri tedeschi minano gli ingressi e li fanno esplodere per sigillare ogni entrata.
24 marzo 1944 ore 22:55 Il comando tedesco dirama alla stampa italiana il comunicato dell’avvenuta rappresaglia contro i “comunisti-badogliani”. «Nel pomeriggio del 23 marzo 1944, elementi criminali hanno eseguito un attentato con lancio di bomba contro una colonna tedesca di Polizia in transito per Via Rasella. In seguito a questa imboscata, 32 uomini della Polizia tedesca sono stati uccisi e parecchi feriti. La vile imboscata fu eseguita da comunisti-badogliani. Sono ancora in atto indagini per chiarire fino a che punto questo criminoso fatto è da attribuirsi ad incitamento anglo-americano. Il Comando tedesco è deciso a stroncare l’attività di questi banditi scellerati. Nessuno dovrà sabotare impunemente la cooperazione italo-tedesca nuovamente affermata. Il Comando tedesco, perciò, ha ordinato che per ogni tedesco ammazzato dieci criminali comunisti saranno fucilati. Quest’ordine è già stato eseguito».
Annuncio diffuso dal comando tedesco dopo la Strage
31 marzo 1944 Proseguono le stragi nel reatino, dopo Labro e Rivodutri è la volta di Morro Reatino dove vengono fucilati sedici uomini e due donne e di Leonessa con l’uccisione di quarantasei antifascisti.
7 aprile 1944 Roma. Le donne dei quartieri Ostiense e Garbatella assaltano il deposito di un forno; intervengono i soldati tedeschi, catturano e poi uccidono dieci donne al ponte dell’Industria.
8 aprile 1944 Proseguono le esecuzioni degli antifascisti a Forte Bravetta, oggi viene fucilato don Pietro Morosini, accusato di aiutare i partigiani.
Don Giuseppe Morosini
17 aprile 1944 Considerata una delle zone di maggiore attività partigiana al Quadraro vengono rastrellati settecentoquarantaquattro uomini e avviati ai campi di lavoro in Germania. Solo quattrocento torneranno a casa.
Targa commemorativa del Rastrellamento del Quadraro
24 aprile 1944 A Salerno si insedia il nuovo governo italiano, il primo governo di unità nazionale, presieduto dal maresciallo Badoglio che comprende esponenti del Cln (partito democratico cristiano, partito comunista, partito socialista, partito d’azione e partito repubblicano), tra i ministri anche Benedetto Croce e Carlo Sforza.
18 maggio 1944 Il 12° reggimento polacco Podolski sferra un attacco decisivo contro i tedeschi asserragliati tra le rovine del monastero di Montecassino. Alle 10:30 la bandiera polacca sventolava sui ruderi dell’Abbazia.
18 maggio 1944 A Palestrina, dopo un rastrellamento, i tedeschi fucilano undici persone, tra queste la famiglia Pinci di cinque uomini e due donne.
Palestrina, Museo della Resistenza “11 martiri”
3 giugno 1944 Gli Alleati liberano Albano, Lanuvio, Frascati, mentre a sud il I corpo canadese raggiunge Anagni.
18 maggio 1944 Il feldmaresciallo Kesselring riceve da Hitler l’autorizzazione a ritirarsi da Roma.
4 giugno 1944 A La Storta sulla via Cassia i tedeschi uccidono quattordici persone, tra cui il sindacalista Bruno Buozzi. Le vittime facevano parte di un convoglio di due camion partito da via Tasso con i prigionieri dei tedeschi. Solo per un caso la strage non assume dimensioni più ampie: uno dei camion resta in panne e i suoi occupanti -tra cui la partigiana Iole Mancini– si salvano.
Podolski sferra un attacco decisivo contro i tedeschi asserragliati tra le rovine del monastero di Montecassino. Alle 10:30 la bandiera polacca sventolava sui ruderi dell’Abbazia.
18 maggio 1944 A Palestrina, dopo un rastrellamento, i tedeschi fucilano undici persone, tra queste la famiglia Pinci di cinque uomini e due donne.
Bruno Buozzi
4 giugno 1944 ore 8:00 I generali Clark, Truscott, Keys e Federick, una pattuglia di un battaglione dell’88° divisione, insieme con un gruppo di giornalisti e fotografi, sono al km 8 della via Casilina davanti al cartello stradale di Roma.
4 giugno 1944 L’ultimo scontro armato nella Capitale con i tedeschi è al Ponte di ferro sull’Aniene, dove reparti di guastatori tedeschi stanno minando il ponte per farlo saltare. Vengono attaccati da una piccola formazione di sei partigiani e, tra loro, anche un bambino di nome Ugo Forno, che abita a via Nemorense ed è figlio di un impiegato statale. I tedeschi rispondono al fuoco con colpi di mortaio e feriscono tre partigiani, poi un colpo raggiunge il ragazzino combattente. Il ponte è salvo, i tedeschi devono rinunciare a farlo saltare e fuggono: a terra resta il corpo senza vita del piccolo Ugo, l’ultima vittima dei tedeschi a Roma.
Ugo Forno
4 giugno 1944 ore 19:15 L’88° divisione americana è a piazza Venezia: Roma è libera. Tutto è pronto per la parata ufficiale del giorno dopo.
Capitale con i tedeschi è al Ponte di ferro sull’Aniene, dove reparti di guastatori tedeschi stanno minando il ponte per farlo saltare. Vengono attaccati da una piccola formazione di sei partigiani e, tra loro, anche un bambino di nome Ugo Forno, che abita a via Nemorense ed è figlio di un impiegato statale. I tedeschi rispondono al fuoco con colpi di mortaio e feriscono tre partigiani, poi un colpo raggiunge il ragazzino combattente. Il ponte è salvo, i tedeschi devono rinunciare a farlo saltare e fuggono: a terra resta il corpo senza vita del piccolo Ugo, l’ultima vittima dei tedeschi a Roma.
5 giugno 1944 Ingresso trionfale a Roma delle truppe alleate, la popolazione accoglie entusiasticamente i liberatori. Per poter giungere a Roma la V armata americana ha perduto trentamila uomini, dodicimila sono le perdite dei reparti dell’VIII armata britannica contro i venticinquemila soldati tedeschi.
Ci vorranno ancora oltre dieci mesi di duri combattimenti e centinaia di stragi nazifasciste perché l’Italia sia libera.
Undici sono i mesi che separano la liberazione di Roma dalla caduta della Germania nazista e quattordici dalla fine della II Guerra mondiale con la resa del Giappone.